Chanson (Indi)Geste
La Rassegna DNA del Teatro Vertigo presenta Chanson (Indi)Geste di Gabriele Benucci. Un bosco incantato nel quale sono intrappolati due “cavalieri”, il cristiano Rinaldo e il Moro Ferraù. A tenerli segregati in questo luogo la magia di Angelica, la donna della quale i due, l’uno all’insaputa dell’altro, sono all’inseguimento di ritorno dal Santo Sepolcro. È in questo spazio chiuso che si svelano i bassi istinti sessuali e predatori che animano realmente i due cavalieri, solo apparentemente schierati su campi avversi.
Chanson Indi-Geste offre allo spettatore uno sguardo disincantato e atipico sul mondo dei paladini e delle loro imprese che serve da pretesto per una riflessione offerta al pubblico sulle guerre, sopratutto quelle di religione, combattute in tutti i tempi ed in tutti i luoghi. E’ questo il punto di partenza di uno spettacolo che prende spunto dalle Chansons del ciclo carolingio e bretone (ma anche dall’Orlando furioso dell’Ariosto che da esse riparte), per dare vita ad un episodio che potrebbe appartenere ad una Chanson “Indi-Gesta”, ovvero difficile da digerire da un punto di vista etico per il ribaltamento proposto degli stilemi poetici dei testi medievali: il paladino eroe indiscusso, difensore dei deboli e degli oppressi, della donna e dei princìpi cari alla morale cristiana.
La scelta stilistica adottata per la scrittura è quella di una prosa poetica che sfrutta il verso e la rima. L’obiettivo è quello di caratterizzare linguisticamente il testo con il richiamo alla tradizione, ma rendendo per questo più stridente il contrasto con il messaggio proposto: quello che le guerre non hanno mai nobili cause che le giustifichino.
In questo senso è l’uomo, inteso come “maschio combattente”, a rappresentare la ferocia della guerra e dei bassi istinti di conquista e potere che, rivestiti di alti ideali, sono causa di sofferenza sempre e dovunque.
È così che il Paladino (Rinaldo) ed il suo alter ego, il Moro (Ferraù), diventano portatori di un’etica della distruzione e della ferocia stigmatizzata nella grottesca condivisione di atti inumani. Per questo, il merito ed il vanto della dignità cavalleresca risiedono, l’uno agli occhi dell’altro, nel mero numero di uomini, donne e bambini trucidati.
La perdita di umanità dei due “cavalieri” viene duplicata nel passaggio da un linguaggio elevato ad uno basso, secondo l’equazione: degradazione umana = degradazione linguistica. Incapaci così di controllare i loro bassi istinti, i due diventeranno anche incapaci di controllare la lingua, aulica ed elegante, nella quale si esprimono per mera convenzione, tornando a parlare un dialetto che rappresenta la loro vera, crudele, natura.
In tutto questo gioco di rimandi sarà la Donna (Angelica) a risultare vincitrice, in quanto depositaria di una sincera umanità. E d’altronde sarà sempre lei, è proprio il caso di dirlo, a tirare le fila delle vicende dei due cavalieri che, mossi dalle sue abili strategie, si paleseranno niente altro che Pupi nel senso della più classica tradizione popolare siciliana.
Rassegna DNA • Teatro VERTIGO
Una coproduzione tra:
Collinarea Festival,
Scenica Frammenti
Todomodo Srl
Achab Teatro
Drammaturgia Gabriele Benucci
Regia Loris Seghizzi
con
- Carolina Cavallo (Angelica)
- Eros Carpita (Ferraù)
- Daniele Milano (Rinaldo)
- Carlo De Toni (chitarra)
- Michele Giunta (contrabbasso)
Proiezioni video Michele Fiaschi
Costumi: Todomodo Srl