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Chiesa di San Ferdinando o chiesa di “Crocetta”

La facciata dal rivestimento marmoreo dove i laterizi si succedono orizzontalmente, non lascia intuire quali meraviglie si nascondano all’interno di questa chiesa. Realizzata tra il 1707 e il 1716 da Giovan Battista Foggini e successivamente da Giovanni del Fantasia, la Chiesa di San Ferdinando è un tipico esempio di architettura barocca. Situata a lato della piazza del Luogo Pio, è stata rinominata dai livornesi come chiesa di “Crocetta”, in virtù della croce greca, rossa e blu, emblema dei Padri Trinitari, a cui questo luogo di culto fu dedicato. Fu Ferdinando De Medici, figlio del Granduca Cosimo III, a promuoverne la costruzione per ospitare i padri della nascente congregazione, che per questo motivo fu intitolata a San Ferdinando Re.

La curiosa facciata lascia il posto a un interno rigorosamente barocco. La sua pianta a croce latina vede al centro un’ampia navata che incontrando il transetto dà origine a una cupola circolare. Piccole cappelle comunicanti decorate con marmi di pregio corrono accanto alla volta a botte che copre la navata.

Tra le opere da segnalare, a firma del carrarese Giovanni Baratta, collaboratore del celeberrimo scultore barocco Francesco Borromini, troviamo: “La Visione di San Giovanni di Matha”, fondatore dei Trinitari, nota anche come “Gli Schiavi Liberati”, che rappresenta un angelo intento a spezzare le catene di due prigionieri; un omaggio ai Padri Trinitari che si adoperavano per la liberazione degli schiavi. Nel pregevole pavimento marmoreo si possono scorgere lapidi sepolcrali francesi mentre dietro l’altare maggiore riposa Francesco Terriesi, uno dei principali finanziatori del cantiere, il cui stemma ricorre più volte all’interno dell’edificio.

La Visione di San Giovanni di Matha / Gli schiavi liberati, di Giovanni Baratta
Senz’altro l’opera di maggior pregio custodita all’interno della Chiesa di San Ferdinado. Il gruppo scultoreo de Gli schiavi liberati, di Giovanni Baratta, artista che aveva già collaborato con Francesco Borromini è l’opera che simboleggia la missione dei Trinitari e rappresenta un angelo intento a liberare due schiavi.

Da segnalare anche il raffinato pavimento marmoreo, dove sono presenti anche alcune lapidi sepolcrali, in particolare appartenenti a francesi. È inoltre da ricordare che dietro l’altare maggiore, sotto l’imponente gruppo marmoreo di Giovanni Baratta, trovò luogo il sepolcro del benefattore Francesco Terriesi, che, insieme al principe Ferdinando, fu il principale finanziatore dei lavori e delle opere di questa chiesa.